Perché un Master in Ristorazione
di Davide Pellegrini, Direttore Scientifico
Il mondo della ristorazione sta attraversando momenti turbolenti. Il rallentamento dei consumi alimentari non ha risparmiato i consumi fuori casa imponendo una riflessione competitiva al settore. La frammentazione dell’offerta si è tradotta in grande sofferenza finanziaria per il canale tradizionale, mettendo in difficoltà il canale lungo – grossisti beverage, catering e dolciario alle prese con gestori improvvisati e finanziariamente deboli. La grande distribuzione ha potenziato le iniziative sulla ristorazione, aprendo locali, accettando i buoni pasto, tollerando gli acquisti dei locali se non addirittura stimolandoli con iniziative mirate. I cash & carry hanno affinato le proprie armi e in qualche caso sperimentato le consegne al cliente. La distribuzione automatica tramite vending machine è cresciuta rapidamente, con organizzazioni in catena e con politiche di prezzo aggressive. I bar multifunzionali hanno tolto spazio alla ristorazione di fascia media. La ristorazione collettiva ha colto le difficoltà del settore pubblico e ha diversificato nella ristorazione commerciale. Le opportunità del consumo on the go sono state colte in tutti i luoghi ad elevato traffico: stazioni, benzinai, scuole… L’industria ha temuto la perdita del controllo del canale e ha potenziato i promoter per presidiare i luoghi di consumo e investito pesantemente in frigovetrine e in formati speciali per la ristorazione.
In tutto questo scenario gli specialisti della ristorazione non sono stati a guardare. L’idea del fast food si è rimodellata sui nuovi bisogni. Il prezzo è stato calmierato con i pacchetti offerta, la qualità è cresciuta. Il posizionamento dei locali è cambiato. Sono nate anche catene minori, alcune di ispirazione internazionale. Cucine etnica in catena, cafetterie in catena risto-pizzerie in catena. Il consumatore italiano ha accolto gli elementi di socializzazione che spesso rafforzano le politiche di marca di queste insegne. Anche in Italia sta prendendo finalmente campo una ristorazione di marca capace di coniugare un giusto mix di qualità, modernità e prezzo.
In questo scenario le sfide sono tre e tutte di tipo culturale. La prima riguarda il superamento di una categorizzazione rigida tra fast food e ristorazione di alta gamma: basta allo snobismo dei gourmet. La seconda riguarda l’operatore pubblico che deve guardare con occhio nuovo al potenziale di queste catene agevolandone lo sviluppo, facendo tesoro dell’esperienza negativa in materia di protezionismo del dettaglio alimentare, l’ultima riguarda le aziende e la formazione: il successo di queste aziende passa dagli uomini. Le persone, in quanto le uniche a poter cogliere i segnali del mercato, a fare previsioni, ad ipotizzare segnali futuri diventano “fattore strategico di successo”. Le organizzazioni apprendono e si modificano grazie alle persone che ne fanno parte e quindi la competenza, intesa come la capacità di attivare risorse differenti a seconda delle situazioni che si presentano, diviene risorsa strategica.
La formazione, in questa logica, oltre a trasmettere conoscenze e informazioni specifiche stimola la riflessione, l’analisi, il confronto e quindi agisce non solo sui saperi ma anche sul saper fare, attraverso le esperienze dirette sul campo e sul saper essere in termini di potenziamento delle abilità di pensiero sistemico e strategico, di abilità personali e relazionali. I supporti teorici divengono aiuti concettuali per dare risposte a domande precise, alle quali l’organizzazione vuole dare risposta. In sintesi il miglioramento passa attraverso l’evoluzione delle persone che imparano mediante l’acquisizione di nuove conoscenze, dall’esperienza sul campo ma anche dall’analisi e da ciò che altri, “the best in class”, hanno pensato e fatto.
Le opportunità dell’iniziativa
di Roberta Giorgetti, Resp. Organizzativo
Il Master in “Store Management della Ristorazione di Marca” risponde ad un fabbisogno reale espresso da 8 soci di Confimprese specializzati nella ristorazione. I partner i dell’iniziativa, in ordine alfabetico: Autogrill, Camst, Chef Express (gruppo Cremonini), Cibis ( gruppo PAM), Cir, Flunch ( Gruppo Auchan), Mc Donald, Vera Srl (gruppo Finiper)
Il fabbisogno rimanda ad un profilo professionale poco diffuso nel mercato italiano, cioè quello di un middle management che possa affrontare le complessità gestionali di una rete di vendita a partire da un esperienza maturata sul campo.
Al riguardo le esperienze straniere fanno scuola:, Mc Donald che sostiene l’esperienza diretta della Hamburger University , oltre ad avere formato internamente 65.000 manager, dichiara che il 70% dei suoi quadri e dirigenti è partito dall’esperienza di store manager.
Ma di fronte al potenziale espresso dal mercato italiano le singole aziende riconoscono l’opportunità di creare una scuola comune. Il posizionamento del prodotto culturale appare sfidante, si tratta infatti di convogliare l’interesse di laureati triennali e quadriennali verso un percorso di carriera che parta dalla gestione del punto vendita.
I requisiti del candidato vanno al di là della buona preparazione culturale, poiché richiedono spiccate capacità organizzative, buone doti relazionali e ovviamente un interesse per il mondo della ristorazione e del prodotto alimentare.
I punti di forza del progetto sono molteplici..
Il primo riguarda il nome e l’impegno degli sponsor. L’idea che aziende leader del settore sostengano in prima persona l’iniziativa con stage e didattica attiva fa chiarezza sugli obiettivi di inserimento aziendale e rinobilita un percorso aziendale che ad oggi vede prevalere l’esperienza sul campo
Il secondo riguarda il potenziale del settore. Al momento il mondo dei consumi fuori casa ha un potenziale non pienamente espresso ma le catene stanno crescendo e tutta la filiera dell’horeca è soggetta a pressioni competitive nuove. L’industria guarda con interesse al fenomeno della ristorazione di marca che su scala internazionale ha assunto dimensioni consistenti.
Il terzo è l’assenza sul panorama nazionale di iniziative qualificate e professionalizzanti che possano attrarre anche il laureato triennale. Il progetto Confimprese in parte va controcorrente e si sposa con iniziative culturali simili che l’Università degli Studi di Parma sta già collaudando in altri settori in collaborazione con Atenei Europei.
Il modello rimangono le scuole americane come la Cornel University che della Ristorazione ha fatto un proprio baluardo.
Il parere delle imprese
intervista a Valentino Fabbian, Dir. Generale Chef Express, Gruppo Cremonini
Come nasce l’esigenza di creare un master per la Ristorazione e qual è l’obiettivo dell’iniziativa?
In Italia, a differenza di altri paesi americani e del nord Europa, esistono catene di ristorazione di marca solamente da pochi anni ed in numero limitato.
Ragion per cui le catene italiane oggi esistenti sono costrette a formare il proprio management dall’interno o attingendo dal mercato dove l’offerta, peraltro, è molto scarsa.
Da qui l’esigenza di avere un centro di formazione specifico per il “middle management”, che possa permettere di trovare giovani interessati al nostro tipo di ristorazione, formarli e qualificarli per migliorare l’organizzazione e l’efficienza delle nostre aziende.
Quali sono a suo parere le caratteristiche vincenti del progetto?
La metodologia usata, e cioè 6 mesi di studio e 6 mesi di applicazione pratica nei punti vendita.
La parte teorica, frutto di tutte le migliori tecniche adottate dalle aziende “partner” del progetto, unita ad uno stage molto operativo, permetterà al manager di prendere coscienza delle attività che quotidianamente devono essere svolte in un ristorante, fino a simulare nella seconda parte dello stage la guida di un locale in prima persona, assistito dal “senior store manager”.
Questa tecnica viene tra l’altro adottata nelle più famose Hamburger University americane con grande successo.
Quali i possibili rischi?
Non vedo rischi particolari se non quello della assoluta novità delle tecniche adottate per la prima volta in Italia.
Come sta cambiando il mercato della ristorazione oggi?
Il mercato della ristorazione italiana è molto polverizzato (sono oltre 200 mila i locali suddivisi fra ristoranti, pizzerie e bar che forniscono piatti prelibati ai loro clienti) ed è caratterizzato in prevalenza dalla presenza dell’imprenditore “owner operator” che guida personalmente tutte le attività, mentre le catene di ristorazione nazionali rappresentano solo il 5% del fatturato totale.
Le catene di ristorazione di marca richiedono una organizzazione diversa rispetto all’imprenditore privato, dal quale si differenziano soprattutto per dimensione e complessità, ed esigono competenze particolari nelle “operations”, nel marketing, nella finanza, necessari a supportare il rapido sviluppo previsto nei prossimi anni.
Sito del Master:
http://www.masterinristorazione.com/
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